"Il 23 agosto 1989 si svolse la più grande protesta che avesse coinvolto un Paese sovietico: oltre due milioni di persone parteciparono alla catena umana, “la via baltica” che attraversò mano nella mano i tre Stati occupati, attirando su di sé l’attenzione del mondo intero.
Nella seconda metà degli anni Ottanta, mentre il segretario Gorbaciov stava disperatamente cercando di trovare una via d’uscita alla crisi profonda che stava disgregando il regime sovietico, la Lituania insieme alle sue due sorelle baltiche forti di quel consenso popolare trasversale non ebbero paura di fronteggiare a viso aperto l’Unione Sovietica e quella manifestazione non violenta ne fu un atto tangibile: l’esperienza dei Fratelli della Foresta e della morte di Stalin erano indissolubili.
Il governo sovietico reagì duramente alla “catena umana”, attaccando il nazionalismo baltico e dichiarando che i tre Stati avrebbero continuato a far parte dell’Unione Sovietica; l’inaspettata vittoria elettorale del Sąjūdis nelle elezioni del Soviet della Repubblica Socialista Sovietica provocò un ulteriore accelerazione degli eventi. L’11 marzo 1990 il Supremo Consiglio della Repubblica Socialista Sovietica di Lituania proclamò la restaurazione dell’indipendenza e Vytautas Landsbergis fu eletto presidente. La nuova reazione sovietica divenne violenta, così unità militari occuparono la Lituania e il 13 gennaio vennero attaccati prima la torre della Televisione di Vilnius, poi il Parlamento, per la difesa della quale furono erette barricate. Gli scontri causarono 14 morti. Questa volta gli Stati Uniti e l’Unione Europea condannarono l’intervento sovietico minacciando sanzioni economiche.
Dopo il referendum del 10 febbraio 1991 che sanciva con un 90% la chiara volontà indipendentista e il fallito colpo di stato dell’agosto 1991 contro Gorbaciov, la libertà diventò reale."